Autore: mario
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TENTATA ESTORSIONE AI PESCATORI DI VIBO MARINA: PASSA AI DOMICILIARI FORTUNA FRANCESCO
Il Tribunale del Riesame di Catanzaro, in accoglimento dell’appello cautelare dall’avvocato Giovanni Vecchio, ha disposto la sostituzione della custodia cautelare con la misura degli arresti domiciliari a carico di Fortuna Francesco.
Fortuna Francesco è imputato, insieme a Tavella Rosario Pompeo, per i reati di tentata estorsione e lesioni personali commessi in danno di alcuni pescatori di Vibo Marina. Reati aggravati perché commessi avvalendosi del c.d. “metodo mafioso”.
Secondo le indagini della Squadra Mobile di Vibo Valentia, il 13 giugno 2015 gli imputati avrebbero partecipato – armate di bastoni – all’aggressione nei confronti di due pescatori. Tali condotte si sarebbero verificate all’interno del porto di Vibo Marina al fine di costringere le vittime a consegnare loro una quantità del loro pescato.
Nel processo di primo grado, celebrato nelle forme del rito abbreviato, a Fortuna Francesco erano stati inflitti 4 anni e due mesi di carcere. Pena rideterminata, in secondo grado, dalla Corte d’appello di Catanzaro in 3 anni e 5 mesi.
Fortuna Francesco lascia, dunque, il carcere dove era detenuto dal gennaio 2017 e passa ai domiciliari.
Lo stesso Fortuna, peraltro, era stato raggiunto da un’ordinanza cautelare in carcere anche nell’operazione c.d. “Rimpiazzo” contro il clan dei Piscopisani, ma il Tribunale del Riesame di Catanzaro, sempre in accoglimento di un ricorso proposto dall’avvocato Vecchio, ha annullato il provvedimento custodiale.
OPERAZIONE “RIMPIAZZO”: ALTRE DUE SCARCERAZIONI DAL TRIBUNALE DEL RIESAME
Il Tribunale del Riesame di Catanzaro, in accoglimento dell’istanza di riesame proposto dall’avvocato Giovanni Vecchio, ha disposto l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal G.I.P. di Catanzaro a carico di Fortuna Ippolito e Fortuna Francesco ordinandone la loro scarcerazione.
I due Fortuna erano stati tratti in arresto, nell’ambito dell’operazione c.d. “Rimpiazzo” diretta contro il clan dei “piscopisani”, perché ritenuti gravemente indiziati della commissione di un’estorsione pluriaggravata in danno di un ristoratore di Vibo Marina. In particolare, le condotte delittuose sarebbero state commesse dagli indagati in quando non avrebbero pagato il corrispettivo dovuto per le loro consumazioni. Fatti che risulterebbero aggravati sotto il profilo della c.d. “metodologia mafiosa” poiché commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p.
I giudici del riesame, tuttavia, non hanno condiviso la prospettazione avanzata dagli investigatori.
Con riferimento a Fortuna Ippolito si è esclusa la gravità indiziaria in ordine agli addebiti che gli sono contestati.
In merito alla posizione di Fortuna Francesco, invece, l’annullamento dell’ordinanza custodiale è avvenuto poiché l’indagato all’epoca dei fatti era minorenne, sicché la misura cautelare è stata disposta da un giudice incompetente.
Confermata, invece, la misura cautelare in carcere a carico di Galati Salvatore Giuseppe, ritenuto al vertice del clan dei “Piscopisani”, difeso dagli avvocati Giovanni Vecchio e Giorgio Vianello Accorretti.
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AUTOBOMBA DI LIMBADI: CROLLANO LE ACCUSE PER LUCIA DI GRILLO
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Il Tribunale del Riesame di Catanzaro, nel giudizio di rinvio conseguente all’annullamento pronunciato dalla Corte di Cassazione, ha annullato l’ordinanza emessa dal G.I.P. di Catanzaro nei confronti di Lucia Di Grillo con riferimento al coinvolgimento della stessa nell’attentato che ha portato alla morte del biologo Matteo Vinci.
In particolare, il Tribunale della libertà del capoluogo ha escluso la sussistenza della gravità indiziaria sia in ordine all’episodio che il 9 aprile 2018 ha determinato la morte di Matteo Vinci e il grave ferimento del padre, Francesco, e sia in ordine al tentativo di estorsione commesso in danno dei Vinci, ad opera dei Di Grillo-Mancuso, teso a ottenere la cessione di alcuni terreni agricoli. Accolte, in tal senso, le argomentazioni sostenute dai difensori della Di Grillo, gli avvocati Giovanni Vecchio, del Foro di Vibo Valentia, e Fabrizio Costarella, del Foro di Catanzaro.
Proprio la mancata cessione di un piccolo appezzamento di terreno, secondo gli inquirenti, sarebbe stata la motivazione che aveva spinto gli indagati – inquadrati nel clan Mancuso, ragion per cui viene contestata l’aggravante mafiosa – a compiere il gravissimo attentato dinamitardo.
Lucia Di Grillo, unitamente al padre Domenico Di Grillo, alla madre Rosaria Mancuso ed al marito Vito Barbara, era stata raggiunta da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere il 18 luglio 2018. La stessa, tuttavia, si trova agli arresti domiciliari dal febbraio scorso dopo che lo stesso Tribunale del Riesame aveva degradato la misura originariamente disposta. Il particolare, la sostituzione della misura era avvenuta a seguito dell’accoglimento del ricorso, presentato dall’avvocato Giovanni Vecchio, avverso il primo provvedimento del Tribunale catanzarese che aveva integralmente confermato l’ordinanza custodiale.
La decisione del Tribunale del Riesame ora intervenuta mette una parola definitiva sulla vicenda cautelare che interessa Lucia Di Grillo, rispetto alla quale risulta cristallizzato un giudizio che ne esclude la responsabilità in ordine ai gravissimi reati che le vengono contestati. Lucia Di Grillo, pertanto, si trova attualmente ristretta agli arresti domiciliari per alcune condotte più lievi (reati in materia di armi e ricettazione). Gli altri indagati raggiunti dall’ordinanza cautelare, invece, sono tuttora detenuti in carcere.
MAFIA IN SVIZZERA: LA QUESTIONE RIMESSA NUOVAMENTE ALLE SEZIONI UNITE
Autobomba, accolto dalla Cassazione il ricorso di Lucia Grillo di Limbadi indagata con il padre e il marito
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